Aumentano, o vengono più spesso alla luce, i casi di stalking. Si parla sempre di pene detentive o pecuniarie, ma quasi mai di un percorso psichiatrico che gioverebbe a tutti.

La cronaca degli ultimi anni è composta in gran parte da casi di stalking che hanno risvolti più o meno drammatici.

Lo stalker, per definizione, assume tutta una serie di atteggiamenti persecutori e molesti che arrivano a mettere in seria difficoltà la vittima, al punto da limitarne il quotidiano svolgimento delle proprie attività.

Ricordiamo il recente caso di un fan di Taylor Swift che è arrivato ad introdursi all’interno del suo appartamento a New York.

Il fenomeno esplode in modo a volte così estremo e violento da rendere quotidiano l’utilizzo di termini quali “femminicidio”.

Troppo spesso questi casi si risolvono in tribunale, con ordini restrittivi che non vengono quasi mai rispettati. Addirittura il nuovo istituto sulla giustizia riparativa ha trovato una delle sue prime applicazioni in una sentenza del tribunale italiano di Torino in cui lo stalker è stato “condannato” a risarcire con una pena pecuniaria a dir poco ridicola.

Quel che ci preoccupa seriamente è il fatto che non solo questo sistema di “gestione” di fatto non sia risolutivo per le vittime di stalking ma soprattutto la mancanza totale di considerazione per lo stalker stesso che è carnefice, sì, ma anche vittima della sua stessa ossessione.

Non sarà l’ammenda, per quanto onerosa, e non sarà l’ordine restrittivo da solo a farci sentire vittoriosi di fronte alla questione.

Se introducessimo una seria collaborazione fra Giustizia e Psicoterapia ecco allora che potremmo accompagnare tutti verso la vera risoluzione del problema, cercando di estirparlo alla radice.

Crediamo fermamente che la rete sociale sia di fondamentale importanza per la costruzione di una realtà in cui il benessere sia qualcosa raggiungibile per tutti. Per questo siamo a disposizione ogni giorno con passione ed impegno.

Fonti: Quotidiano 20minuti del 06.10.2017 e del 27.09.2017